censura e paura
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Censura e paura

Ieri sera mi è arrivato l’ennesimo video. Ne arrivano a dozzine in questi giorni, in questo periodo, di ogni genere e spessore. Dalle cose divertenti alle più astruse teorie di complotto. Non li apro, sono satura. Passo oltre ed elimino puntualmente quei pochi file che hanno l’ardire di salvarsi automaticamente nella mia galleria. Ma quel video, ieri sera, ha attirato il mio dito, dritto dritto sulla freccia di avvio della riproduzione. Un video di contro.tv (in calce), in primo piano il mezzo busto di Massimo Mazzucco. Non conosco questo canale e non mi ricordo di lui anche se è plausibile che lo abbia già incontrato visto che quel poco che seguo della vicenda Covid19, lo seguo da canali di informazione alternativa.

Il tema è la “censura” alla libera informazione.

Sento subito una parte di me che si allerta e vuole sapere… anzi no, ascoltare. Perché so già. Non di fatti concreti o censure oggettive che non seguo e di cui non leggo, ma so su un altro piano… so di pancia, so nelle cellule senza bisogno di parole o di pensieri di senso compiuto.

Subito sento anche la fatica nell’osservare che il video dura 40 minuti. Fatica ad ascoltare tutto quel “buio”, tratteggiato da parole pacate e scandite con un ritmo preciso. Non ho voglia di cose brutte, di energie basse,… eppure passano i minuti e non riesco, come mio solito, a fermare il video e passare ad altro.

Man mano che il video va avanti sento anche salire il disagio di sapere che quelle cose, che già so, meritano una qualche azione, anche da parte mia. Che il disagio che sento ogni volta che mi tocca quel tipo di buio è una zona confortevole in cui preferisco stare, neutra e moderata, per non dover alzare la voce e battere il mio pugno sul tavolo di questo oggi, in cui vivo.

Il giornalista chiede educatamente condivisione, riferendosi alla Costituzione, al Codice Deontologico nell’esercizio dell’attività giornalistica. La richiesta, in quel momento, la sta facendo a me, con il garbo che apprezzo, con la pacatezza che mi appartiene. Senza gli eccessi e le parolacce, senza i complottismi e i #noqualsiasicosa che mi allontanano puntualmente.

Il pugno e la voce grossa, lo schieramento e la convinzione scolpita nella pietra continuano a non essere la mia modalità. Ma la riflessione si. Questo voglio fare, condividere una riflessione dando maggiore spazio a quella parte di me che soffre con la terra ma che ha sempre scelto di guardare solo al bello perché non tollera nessun genere di schieramento. Fino ad ora.

Ora mi schiero con la mia pancia perché a lei è chiaro che il pericolo più grande per questa umanità è la paura. Sentita, indotta, strumentalizzata, giustificata e di qualsiasi altro genere. Il pericolo più grande è la paura che genera paura, violenza, arroganza, ignoranza, debolezza fisica e mentale.

E mentre mi schiero, sostengo ancora (e di più!) la convinzione che la risorsa non è nel nostro corpo (che si ammali pure, che si vaccini, che si alleni, che invecchi, che ingrassi, che si intossichi,… che muoia!). La nostra risorsa libera e intoccabile è nella qualità del nostro sentire, nel garbo e nella gentilezza da dare e chiedere ad ogni costo, nell’ascolto curioso e nella mente aperta verso ogni cosa e il suo contrario, nei pensieri belli che scegliamo di avere proprio nella sofferenza o nel disagio, nei sorrisi che desideriamo indossare anche dopo una bufera, nella forza del campo elettromagnetico del nostro cuore, nella scelta di essere felici nonostante ogni cosa. Questo è il vaccino.

E questo è il video citato che chiede diffusione.