vita scritturata
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Vita scritturata

Mi siedo sulla sedia. Ho un tavolo per appoggiare il mio foglio e sorreggere le parole che usciranno dalla punta del mio pensiero.
Tolgo il tappo alla penna: click! E’ come girare la chiave nella toppa, felice di essere a casa. Non ho bisogno di altro.
Un momento per ordinare i pensieri e un respiro profondo. La mano inizia la sua danza, fatta di piccoli tratti, e balzi, al ritmo dell’anima. Passaggi sinuosi e calibrati, come un dolce ricordo da ricamare d’inchiostro, sull’onda di un grido d’aiuto, uscito d’impulso.
Lettere e parole, come pennellate su di un quadro in bianco e nero, senza sfumature o compromessi. Riga dopo riga, ecco l’immagine di un mondo parallelo che dà asilo a ciò che la voce non può dire, deposito dei pensieri migliori, delle verità che contano, dei dettagli che sfuggono… Segreti sussurrati con un graffio sulla carta.
Ora il pennino dorato ed elegante prende fiato su un punto, che si ingrossa come un lago.
Scrivo quello che ho taciuto al mondo, distratto dalla diligente parodia del buon senso e delle aspettative vendute negli ipermercati. Scrivo per me, che non ho il coraggio di ascoltare e scrivo anche per te che hai canticchiato distrattamente sopra il nostro silenzio. Soltanto qui, nella dimensione impalpabile dell’anima, calo la maschera ed apro le porte ad aspiranti attori, comparse e spettatori… Inizia la mia rappresentazione.
Copione alla mano, le luci si spengono mentre si alza il sipario.
Solitudine e Dolore entrano in scena con un corpo acquisito, diverso dal mio.
Si muovono su questo magico tappeto di carta bianca a righe, gesticolano e parlano. Camminano avanti e indietro, si rincorrono in frasi senza virgola, affannati e pensierosi come genitori preoccupati. Discutono.
Li osservo dalla mia sedia, in penombra, e appoggio le ginocchia allo schienale davanti. Non c’è qualcuno che si possa infastidire per questo ed io starò più comoda…
Solitudine supplica qualcosa o qualcuno. È inginocchiata a terra, schiacciata dalla sua espressione triste, sporca dell’inchiostro che ha sbavato con le lacrime. Si muove piano e si contorce, come un serpente che si allunga e si ritira su se stesso, dilatando nelle parole il suo bisogno di attenzione.
Dolore invece infierisce, sconclusionato e sordo alla logica, accecato da se stesso. Lancia in aria le braccia a ripetizione, come fossero missili, e urla, trafiggendo tutto con una pioggia di esclamativi!
Stanno parlando per me, di me. Dovrei andarmene e non ascoltare, restare imparziale, ma qui mi conoscono tutti, non c’è motivo di essere riservati. Dolore è più convincente e, Solitudine, appare all’improvviso così pietosa… inutile. Ancora qualche riga per loro, per i loro monologhi e sfoghi affinché non abbiano più nulla da dire, per questa volta. Poi potrà entrare Serenità, spinta dentro da un sospiro che metta un “punto e a capo” alla vita.
La sento arrivare con il suo passo di fanciulla. Lo scalpiccio riecheggia sulla scena ormai deserta e ripulita. La luce cambia e si diffonde, irradia il suo chiarore oltre ogni angolo. La sua figura fragile fa capolino dalle pesanti tende rosse del sipario, con il suo visetto arrossato e dolce. Dondola un po’ per l’imbarazzo ma sorride. Sorride in grande, Serenità. Sorride dentro.
La mia anima, riflessa nelle sfumature di questo luogo sicuro, ha il volto un po’ stanco ora, provato dal frenetico susseguirsi di una vita che va troppo di fretta per desideri ed emozioni… Ma è tutto qui, quello di cui ho bisogno, un confronto entro il perimetro di un tavolo, su fogli sparsi e pieni, scolpiti dalla punta di un pensiero.
Metto il punto.
Appoggio la penna e sorrido.

Premio Letterario “Giacomo Zanella” 2^ edizione